1 mag 2018

COSA È UN RITO?

Cosa è un rito? Questa è la domanda che  caratterizza il quarto step del progetto FAMILY GAMES all'Accademia di Belle Arti di Roma, e che vede la partecipazione attiva degli studenti iscritti a diversi corsi e di  alcuni docenti impegnati in diverse discipline.
In questo blog iniziamo a pubblicare alcune risposte possibili, in attesa di assistere, nella serata finale del 31 maggio alle ore 21.00, alle risposte e alle tante domande contenute nella performance che si terrà alle Carrozzerie NOT.

Per ora, si è iniziato col disegnare una cartografia del rito.  Il libro Rito e modernità , frutto di una ricerca collettiva svolto da quattro studiosi, Adam Seligman, Robert Weller, Michael Puett e Bennett Simon, ( Armando editore, 2008) individua alcuni concetti che fanno luce su alcune caratteristiche dei riti nella cultura contemporanea.
RITO SOGGIUNTIVO
Nojiri,
Cerimonia del tè
Accademia
di Belle Arti
dell'Aquila
aprile 2003
Per prima cosa è necessario definire la nozione di  Rito Soggiuntivo  (dal verbo latino sub jungere  che significa   attaccare, unire, congiungere)  su cui poggia tutto lo studio di questi autori e che connota il rito come un insieme di azioni o parole codificate che aspirano a creare un come se, un mondo possibile:  come per esempio il per favore, il grazie,  che creano l’illusione di una  volontà, di uguaglianza, come se il favore chiesto fosse un atto volontario che la persona richiesta realizzerebbe, comunque, anche senza esserne richiesta. Il grazie, il per favore, introducono in un mondo immaginario, possibile, il più delle volte incoerente con la realtà vissuta.  Nel rito le parole sono un classico esempio di performativo, sono parole che non dicono solo, ma che agiscono.  Dunque il rito può essere definito come  una condizione di possibilità, una illusione reciproca, e non un dato di realtà. E questa condizione di un potrebbe esserci è ciò che costituisce, primariamente, mediante il rito, la vita di una società.  Si vedano, a proposito, gli studi di Lévi-Strauss, sui significati culturali dei riti che sono fondanti per la costruzione di ogni comunità umana.
“Nel rito, quello che sei è ciò che sei nel fare esteriore”:  un sé che fa il rito è ben diverso da un sé sincero. E’ un agire come, è un soggiuntivo condiviso,  è una condizione di possibilità in cui il sé e l’altro entrano insieme nel mondo dell’azione condivisa.
Nella dimensione rituale, il sociale  diviene uno spazio potenziale condiviso fra sé separati, costituito dalla possibilità di  una comunanza, da un soggiuntivo che traccia le linee e i confini di una empatia che diventa una immaginazione condivisa.

RITO VERSUS QUOTIDIANO 
Il rito crea  un mondo illusorio comune  in tensione con l’esperienza quotidiana, uno spazio che sta fra il mondo, intrinsecamente frammentato e incerto, e il rito che si ripete, che crea un ponte tra disordine e ordine, ma anche tra passato e futuro.  L’ordine del rito si situa nello scarto che separa il soggiuntivo, il possibile, dalla vera esperienza vissuta. Esiste dunque una tensione tra le azioni considerate rituali e quelle che non lo sono. Il significato del rito non è nel discorso che lo anima, ma nell’azione rituale. Il rito è dunque performativo per definizione.
Il senso del rito risponde alla domanda “perché lo fai? “, mentre il suo significato del rito implica un mistero, l’esistenza di qualcosa sotto alla superficie visibile, qualcosa di addirittura diverso da ciò che i partecipanti stessi e gli osservatori possono sapere del rito. A volate la ricerca dei significati è senza fondo, un mistero.
Cerimonia del tè, cerimonia del caffè,
 Accademia di belle Arti di Roma
aprile 2018 
RITO RIPETUTO
Per definizione i riti, che siano privati, personali o pubblici, prevedono una ripetizione e quest’ultima si estende a diversi aspetti di esso, non discorsivi: il tono, il ritmo, la cantilena, la gestualità.  Si pensi al celebre esempio del Fort-da narrato da Freud in Al di là del principio del piacere, celebre racconto in cui il protagonista era il suo nipotino di 18 mesi che faceva, con il rocchetto, il gioco ripetuto del fort da, andato e tornato, ovvero vai e vieni, consolatoria risposta all’allontanarsi della madre . Tale ripetizione veniva situata da Freud  nell’ambito del principio del piacere, un lavoro effettuato  del conflitto tra diverse parti della psiche e  finalizzato a conseguire un controllo sulle situazioni dolorose.  

RITI PRIVATI - RITI PUBBLICI

Ogni comportamento ritualizzato rappresenta  un tentativo di affrontare questioni che premono con una certa urgenza non solo sull’individuo, ma anche sulla cultura in generale:  separazione e associazione,  successione di generazione,  differenze di genere e  loro effetti, tra cui le relazioni di potere che esse presuppongono, la natura dei piaceri consentiti e quelli proibiti.  L’esistenza di riti privati dipende dalla capacità  che la mente ha di distinguere, reprimere , simbolizzare ed esprimere una determinata azione in termini simbolici, mentre i riti pubblici hanno la funzione esplicita di connettere gli individui,  hanno cioè un carattere immediatamente partecipativo: secondo gli autori del libro, anche le preghiere solitarie, agite in momenti diverse della giornata ( vedi la preghiera islamica o quella ebraica) hanno una forte connotazione sociale, poiché  rievocano un atto condiviso.                           

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.