Come osserva Maurizio Vitta (Dell'abitare, Einaudi, 2008), se si pensa alle vedute pittoriche dei vedutisti del 1700, come quelle di Giuseppe Maria Crespi, detto lo Spagnoletto, già in queste immagini si intravedono le irrequiete densità di corpi, sempre presi con crudo realismo, grossolanamente atteggiati nelle bettole, nei mercati, nelle piazze, che si disseminano nelle aree nodali delle città e che si contrappongono ai corpi che abitano spazi sontuosi, monumentali: sono i corpi dei miseri che nella seconda metà del 700 diventano massa nelle piazze parigine della rivoluzione. Quando poi, nel 1800, in piena rivoluzione industriale, si riprogettano le città, si disegnano larghe strade, in considerazione della folla che le percorre e le anima e dei veicoli scorrenti. Da questo momento in poi si configura la metropoli moderna, come città di pluralità di tensioni, città dove il macrocrosmo giuridico, economico, amministrativo e centrificato convive con microcosmo urbano fatto di quartieri, di zone disseminate dal un piccolo centro alle macroperiferie.
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Canaletto, Il Campo di Rialto, 1758 |
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Giuseppe Maria Crespi(1665-1747), La fiera del villaggio inizio '700 |
Seguono alcune still da You the living, un film del 2007 in cui il regista svedese Roy Andersson racconta in quindici episodi, che lui stesso definisce tableaux, come la gente viva ingabbiata tra dentro e fuori nelle case di un'ipotetica città nordica in cui, come dice lo stesso regista nell'intervista che accompagna il film, il sogno si incrocia con la realtà (comunque sempre tutta ricostruita nel set cinematografico) raccontata: mogli, mariti, madri, figlie, fidanzati, tutti sul punto di essere bombardati da una flotta di aeroplani di B-52. Un film in cui tutto è dipinto come da una nebbia bianca, rarefatta, perfino le facce degli attori che diventano maschere teatrali, e in cui l'astrazione del grigio è più forte, più potente ed espressiva di qualsiasi realismo. Così, almeno, vuole il regista, fortemente ispirato dall'arte visiva, piuttosto che dalla realtà. Gli attori sono visibilmente consapevoli di abitare lo spazio della narrazione filmica e spesso parlano diretti verso la cinepresa, e, rivolgendosi allo spettatore sconosciuto, lo interpellano mentre è seduto tranquillo sulla sua poltrona, al cinema. Il titolo viene da una poesia di Goethe (Elegie Romane) che compare in esergo all'inizio del film : "Gioisci dunque, o vivente! di questo posto riscaldato dall'amore prima che il fatale Lete bagni il tuo piede fugace!". Johann Wolfgang von Goethe.
Questo film è la seconda parte di una trilogia realizzata dal regista, e che comprende un primo film Songs from the second floor (2000) e A Pigeon Sat on a Branch Reflecting on Existence (2014) quest'ultimo vincitore del Leone d'oro a Venezia, e ispirato a un dipinto di Pietre Bruegel il vecchio, Cacciatori nella neve, in cui alcuni piccioni, appollaiati sui rami di un albero secco, sembrano osservare l'umanità che vive sotto di loro.
I film sono tre, ma in realtà è come se si trattasse di un solo film, dove gli interni ricorrono, abitati da personaggi diversi, ma molto simili. Le tonalità delle immagini declinano le diverse gamme del grigio, come in una pittura tonale che rimedita le gradazioni quattrocentesche: si tratta più di un'opera pittorica che di un'opera filmica, difatti rappresenta una sequenza di tableaux, ovvero quadri che siglano le diverse scene.
Da You the living Si veda qui la finestra del sogno del matrimonio (Il sogno di Anna), nel quale l'esterno, con evidente incongruenza, si muove, come dal finestrino di un treno in arrivo nella stazione: https://www.youtube.com/watch?v=CfjG9t4N_ds
Seguono alcune immagini di un interno costruiti in studio per You the living
Immagine del set di un interno
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PORTE: A pigeon... Uno dei tanti interni simili |
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PORTE: You the living, uno dei tanti interni "simili" |
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VETRI: You the living, la vetrina VETRI: Songs from the seccond floor... Bambine alla finestra
PORTE: A pigeon... Il corridoio con le porte che si aprono per spiare
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